lunedì 29 novembre 2010

Novi Ligure-Concerto benefico



Novi Ligure, 26 novembre 2010


Concerto benefico a favore della Delegazione Novese L.I.L.T. (Lega Italiana per la lotta contro i Tumori).



A venti giorni dalla Prog Exhibition di Roma, ho ritrovato alcuni di quei protagonisti (Tagliapietra, Di Giacomo, Maltese, Calderoni, D. Jackson) sul palco del Teatro Giacometti.
Non solo loro, ovviamente, ma anche Clive Bunker, Bernardo Lanzetti e … i padroni di casa, la Beggar’s Farm.
L’elevato tasso “mitologico” (nel senso della grandezza e non della vetustà) che Franco Taulino, leader del gruppo, riesce a raccogliere ogni volta sul palco, fa spesso passare in secondo piano questa band alessandrina, che è qualcosa di più di una cover band o di un valido supporto per chi si esibisce di volta in volta, ma le qualità tecniche dei musicisti che la compongono fanno sì che si tenda a considerarla ormai un tutt'uno con il resto degli artisti più affermati.
La famiglia Beggar’s Farm è abbastanza dinamica e attorno alla base (Taulino, Garavelli,Valle, Ponti, Chiaraluce) questa volta si sono alternati sul palco Andrea Rogato, Massimo Faletti, Matteo Ferrario, Simone Taulino, Franco Castaldo e “Martina” Simona Caligiuri (il nome “Martina” è quello con cui Francesco Di Giacomo l’ha ribattezzata nel corso della serata).
Probabilmente nessuno dei presenti, sul palco o in platea, riesce bene a realizzare, sul momento, che cosa voglia dire una serata come questa, come quella di Oviglio, di Volpedo, di Acqui, di Alessandria, di Alba
Solo a distanza di tempo, solo dopo attenta riflessione, si comprende appieno che è diventata la normalità trovarsi davanti e conoscere personalmente chi è entrato nella storia della musica, italiana e internazionale.
Personalmente cerco sempre di creare stimoli e aspettative verso chi pensa di partecipare a questi eventi, perché so che non potrà rimanerne deluso e ricorderà per sempre una serata di musica: la condivisione è la mia maggior soddisfazione.
Alcuni amici, a fine concerto, mi hanno confessato di aver avuto momenti di …”sbandamento”, tanta è stata l’emozione: cosa si può chiedere di più a una performance live?
Tre ore e mezzo di musica, con una sorta di suddivisione tra i protagonisti, nel rispetto della produzione storica, con un finale da brivido, un “Non mi rompete , antico brano del BMS, proposto con tutti i musicisti on stage, visibilmente e comprensibilmente soddisfatti.
Prima parte di spettacolo con Aldo Tagliapietra che ripropone le sue ballate, la parte più soft della storia delle Orme, coadiuvato dall’istrionico David Jackson e Calderoni, oltre che dal gruppo di casa.
Le canzoni delle Orme sono nel cuore di tutti, e di quel gruppo il timbro vocale di Aldo è elemento imprescindibile; se poi si considera che l’inserimento di Jackson ha dato nuovo volto e differente dimensione a quei brani( e non poteva essere altrimenti, vista la grandezza di David, che non ha mai manie protagonistiche, ma tende a mettere a disposizione dei compagni di viaggio il proprio genio musicale)il risultato finale non poteva essere che un’ovvia conseguenza.
Mi auguro che le dimostrazioni di amore e gradimento portino Aldo Tagliapietra (e Toni Pagliuca) a continuare quel cammino, un tempo interrotto, e oggi nuovamente sul punto di decollare.
Per un cantante (e bassista ) che si allontana (momentaneamente), un altro ne arriva, con Jackson sempre attento e attivo testimone: Bernardo Lanzetti.
Nel corso della serata ci ha ricordato il nome del capostipite del branco vocalist-prog, Roger Chapman, da cui “nacque”, ad esempio, lo stile di Peter Gabriel. Credo che anche Bernardo faccia parta di quella sparuta categoria di eletti, che unisce estensione vocale a timbrica non comune e a sperimentazione, e il suo permanente “studiare” la dice lunga sulla sua grande professionalità.
Oltre al repertorio PFM (vorrei ricordare la grandezza del chitarrista Marcello Chiaraluce in “Out on the roundabout”) ho assistito all’esecuzione di due brani a cui sono molto legato, “Refugees” e “Killer”, “conditi dalla presenza di Jackson, esecutore originale dei due pezzi. Non sto citando canzoni di facile esecuzione, ma che al contrario richiedono concentrazione massima e … voce, tanta voce, e… coraggio, un po’ di coraggio, caratteristiche che di certo non mancano a Lanzetti.
Come al solito non ci sono state delusioni, ma solo conferme.
Cosa dire di Clive Bunker e della Beggar’s, uniti insieme?
Li avevo ascoltati da poco, in quel di Alba, con la rivisitazione del set dell’Isola di Wight, e ancora una volta lo zio Clivio, come viene chiamato dagli “intimi” italiani, ha fatto fermare il tempo, sbalordendo chi non lo aveva mai visto dal vivo o chi lo ricordava con i JethroTull.

Sul palco si è alternato a Calderoni (che ha eseguito Aqualung per la prima volta nella vita) e a Sergio Ponti, e la miscela dei componenti non ha in alcun modo inciso sul risultato, ma lo ha semmai incrementato con vero valore aggiunto.






L’ultima parte a tema era quella dedicata al Banco del Mutuo Soccorso.
Rodolfo Maltese si è ripreso dopo i problemi fisici dello scorso anno, e il suo essere presente, il suo suonare, non potrà che aiutarlo nella completa ripresa. Il pubblico ha gradito e ha a lungo applaudito.
La “terza grande voce” della serata è stata quella di Francesco Di Giacomo.
Non solo musica, ma considerazioni personali, spesso amare e tendenti a evidenziare una sorta di fallimento riservato a tutti quelli che come lui avevano pensato/sperato, che attraverso la musica il mondo poteva essere migliorato, se non cambiato.
A fine concerto un bambino di una decina di anni, partito da Genova col padre, con un CD del Banco in tasca, chiedeva timidamente una firma di ricordo e Francesco, con evidente soddisfazione, domandava al piccolo il nome, per una dedica personalizzata.

Cambiare il mondo era oggettivamente impresa titanica, Francesco, ma il tuo, il vostro, non è stato tempo perso!”.

Contrariamente all’esibizione di Roma, nessun problema per l’ugola e il set è stato ancora una volta emozionante.

Dopo un nuovo “riassunto” della varie band, si arriva all’atto finale, con quel “Non mi rompete” a cui accennavo inizialmente, che ha visto sul palco l’intero gruppo di amici… nostri amici.






Un pieno successo di pubblico, un vero gradimento, e un’altra impresa che viaggia sull’asse Taulino-Castaldo.
E’ vero, questi eventi, numerosi e di qualità, non sono il frutto del lavoro di uno o due persone, e senza impegno e volontà di gruppo ci si ferma alle prime difficoltà, ma senza la scintilla il fuoco non si accende, senza una guida sicura si perde la rotta.
Non possiamo che ringraziare, noi appassionati di musica, per vedere realizzate cose a cui mai avremmo pensato di assistere.
Organizzare un concerto di qualità è cosa difficilissima, e parlo per conoscenza diretta.
Realizzarli senza peso per le tasche del pubblico ( anche in questo nobile caso si trattava di un’offerta) è cosa ardua per chiunque.
Ciò che si riesce a creare in questa zona d’Italia, musicalmente parlando, ha coordinate precise e forse sarebbe bene che i vari organizzatori di eventi, quelli che non hanno in testa solo un tornaconto personale, andassero a scuola da Taulino e amici…

Noi “modesti” amanti della musica, di certa musica, in quel caso, saremmo sempre in prima fila, pronti ad applaudire e ad alimentare la voglia di stare sul placo, giovani e meno giovani, con un unico obiettivo … inutile rimarcare quale!

giovedì 1 luglio 2010

Concerto di Oviglio



Oviglio un anno dopo.
La maggior parte dei musicisti visti in quest’ultima occasione non sono cambiati.
Manca Rodolfo Maltese, ma è presente Lucio “violino”Fabbri. Avrebbe dovuto esserci anche G.L. Tagliavini, ma da queste parti non si è visto e così svanisce la possibilità di ascoltare i brani della PFM interpretati contemporaneamente da tre uomini della line up, vecchia e nuova.
A dire il vero i due rimasti, Lanzetti e Fabbri, si ritrovano sul palco, a stretto contatto, ma è per un tributo a Dylan e Beatles.
Qualche mistero al riguardo aleggia nell’aria … ma sono solo leggende metropolitane … o no?
Dunque un altro sforzo di Franco Taulino e della Beggar’s Farm.
Il doppio ruolo è ormai noto: Franco oltre a suonare è l’ideatore e coordinatore di tutti questi eventi e la Beggar’s è la miglior formazione possibile per qualsiasi musicista affermato e non, una sorta di maestri di alchimia che trasformano in realtà i sogni di pubblico e artisti.
Un grossa nota di merito va anche a Franco Castaldo, che in queste occasioni è bene depurare del ruolo di Prefetto di Alessandria e considerare solo come un “batterista”, amante della musica. Inutile nascondere il fatto che molti( io compreso) hanno storto il naso, ad esempio, vedendolo suonare tra Ian Paice e Clive Bunker, evidenziando un solco incolmabile tra LUI e LORO, ma, se si accantona il rigore che spesso ci accompagna nei giudizi relativi a cose che amiamo molto, e si considera che Castaldo è un grande amante della “nostra” musica, non possiamo che ringraziarlo per l’impegno che mette nel creare i presupposti per la realizzazione di grandi eventi, non dimentichiamo, gratuiti per il pubblico.
Mi ha confessato di essere rimasto un po’ dispiaciuto per un errore su “We used to know”, nel concerto di Volpedo, ma è un peccato veniale.
Ancora una mia considerazione di carattere generale.
In poco più di un anno, la Taulino’s Organisation ci ha fatto vedere artisti che per molti spettatori rappresentano i miti della vita.
Parliamo di membri old and new dei Jethro Tull, e molti italiani, anch’essi spesso“sogni irrealizzabili”.
Queste miscele, come spesso ho raccontato, hanno la prerogativa di presentare un palco amalgamato, e l’integrazione sembra cosa consolidata, anche se magari le prove sono limitatissime. Tutto funziona meglio, secondo me, con “gli italiani”.
Ovviamente avere disponibile un animale da palcoscenico come Bernardo Lanzetti facilita la coesione e favorisce l’interattività col pubblico, per me elemento fondamentale, ma la freddezza, almeno apparente, di certi nomi d’oltremanica, non determina lo stesso risultato visto ad Oviglio.
Volpedo resterà per sempre nel cuore e nella testa dei presenti ( lo stesso Bernardo mi ha raccontato dei brividi provati il 5 giugno), ma anche questa serata si incollerà p tra i miei ricordi musicali migliori:

http://athosenrile.blogspot.it/search/label/Beggar%27s%20Farm-Volpedo%20benefit%20concert-2010

Se potessi quindi dare un piccolo consiglio a Franco, da mero esterno, inconsapevole degli ingranaggi organizzativi relativi a questi concerti, direi che “il percorso italiano” da maggior risultati (e forse riduce i costi), anche se io un Dave Jackson lo presenterei in tutte le salse possibili.
Serata divisa in due parti, con i Black Eden in apertura, come lo scorso anno.
L’arrivo ritardato non mi ha permesso di ascoltarli adeguatamente, ma ho il sentore del gradimento del pubblico più”rockettaro”
L’atmosfera è festaiola, da sagra, tra stand culinari e giochi per bimbi.
Il pubblico appare eterogeneo, anagraficamente parlando, ma è prevalentemente formato da”maturi”… ovviamente.
Devo dire che il paese di Oviglio, possiede un certo fascino antico, amplificato dalla presenza del “reale Castello”, un tempo roccaforte medioevale, acquistato successivamente dalla Regina Cristina di Savoia. Il feeling del turista obbligato (dal concerto) , approcciando il paese, predispone positivamente per una serata serena, fatto non trascurabile.
I miei meeting musicali sono fatti anche di incontri con vecchie e nuove conoscenze, con cui si allacciano rapporti personali e con cui si discute di passato e di progetti futuri.
Nell’occasione ho avuto l’opportunità di conoscere Lucio Fabbri, che per me era già un nome importante quando leggevo le note relative ad alcuni dischi di Finardi, e avevo più o meno vent’anni( e lui poco di più).
Ricordandogli che lo avevo visto pochi anni prima a Savona, con la PFM (primo concerto di mia figlia, allora dodicenne) ho riflettuto sul fatto che dal 2006 ad oggi, il Teatro Chiabrera ha accolto nell’ordine, una per anno, le seguenti formazioni:

PFM, BANCO,ORME,OSANNA.

Ciò che per me era il prog italiano della prima ondata è tornato sul luogo del delitto a distanza di 35/40 anni.
Il prog continua a “tirare”, e anche questi possono essere spunti di riflessione per mister Taulino!
Il concerto si apre col primo ospite, Aldo Ascolese.
So che non è al pieno della forma, per un malessere del giorno precedente, ma nessuno nota defaillance e De Andrè si materializza sul palco.
Look tra il pirata e il vecchio uomo di mare genovese, Aldo presenta la sua timbrica innaturale (nel senso della somiglianza con Fabrizio) e regala a un pubblico più “montano” le storie del porto di Genova e dei vicoli di via Prè. Apparirà in due tempi distinti, regalandoci brani come “Creuza de ma” , “Un giudice”, “Il pescatore”, "Bocca di rosa" e “ Volta la carta”. In alcuni frammenti, la sua voce e la sua chitarra si intrecceranno col violino di Fabbri per far rinasce la magia del tour PFM/De Andrè.
Aldo non è solo musicista, ma ha anche una grande passione per la fotografia, e l’immagine più significativa, dalla mia posizione defilata, sul lato destro del palco, è quella di una testa da bucaniere su cui si erge un violino ed il suo archetto, mentre la nostra storia musicale ritorna con forza sul palco.



Il secondo ospite è ormai il denominatore comune di tutte le invenzioni di Taulino.
Parlo ovviamente di Bernardo Lanzetti, “The Voice” .
Incontro un suo vecchio fan che mi da la sua chiave di lettura che condivido in pieno.
Le cose che colpiscono di lui, dal punto di vista tecnico, sono le enormi capacità vocali, la timbrica particolare, la sua voglia di sperimentare; ma ci sono elementi che completano il personaggio e lo rendono unico.
Bernardo è un trascinatore, e tra la gente è esattamente quello che vediamo on stage, una persona semplice, che ama il contatto con uomini e donne, l’ ideale per la realizzazione dell’interattività tra pubblico e artista.
Presenta alcuni brani della PFM (Traveler, Harlequin, Chocolate King, Maestro della voce, Dolcissima Maria), dei Beatles (Norwegian Wood, con Fabbri) di Dylan (Hurricane, ancora con Fabbri).
Nel suo show personale troviamo un po’ di tecnologia applicata alla voce, quando indossa il glovox (captatore di frequenze derivanti dalle vibrazioni delle corde vocali, poi trasformate in suoni ), ma le chicche dialettiche continuano, e si mischiano al pubblico quando scende dal palco con l’ asta del microfono e coinvolge tutti in un ritornello corale.



Il terzo ospite è Lucio Fabbri, il “violino “ per antonomasia.
Attacca con Bourée. Non avevo mai sentito una versione del genere e cerco di registrare il più possibile.
Questo brano, ascoltato mille volte da Ian Anderson e da chi lo coverizza, mi porta a riflessioni sull’unicità di certi strumenti all’interno della famiglia del rock. Flauto traverso e violino sono rimasti strumenti di settore, non introducibili in tutti gli svariati contesti che il mondo del prog ha proposto, ma l’utilizzo che Lucio Fabbri fa del suo strumento rende tutto apparentemente semplice, superando quel muro concettuale che relega il violino a puro strumento classico.
Mi piace, mi diverte e si diverte Lucio, e i suoi fraseggi mi riportano alle collaborazioni con Finardi e conseguente mente alla mia giovinezza.
Una chicca è “Hurricane”, dove “il violino e the voice” duettano alla grande, col pubblico attento e pronto a sottolineare i passaggi con applausi e contenute grida di approvazione.



Nessuno dei miei soliti compagni di viaggio mi ha seguito a Oviglio, e ha perso un grande spettacolo.
Il punto di vista di uno spettatore è spesso contrastante con quello di chi si esibisce.
Mentre il primo privilegia maggiormente il clima generale ed è felice se qualche brivido è partito dalla nuca ed è arrivato sino in fondo, il secondo è più critico, tecnicamente parlando, e memorizza i piccoli errori di cui è stato protagonista.
Questa sera di brividi ne ho sentiti parecchi, e non importa se spesso coincidono col fatto che qualche vecchio ricordo è riaffiorato … anche questa è un’importante funzione della musica.
L’ultimo di questi “fremiti” arriva in concomitanza col bis, quando cioè tutti i protagonisti della serata salgono sul placo per regalare l’ultima chicca, “Hey Jude”, con Lucio Fabbri alla chitarra.
Ancora un elogio alla Beggar’s Farm, diventata ormai la band che ho visto più volte nella mia “carriera”. E con loro i magnifici giovani che Franco Taulino propone a piccole dosi, spettacolo dopo spettacolo, preparando forse la formazione del futuro.
Chiaraluce, Garavelli, Ponti, Valle … bravi, puntuali, con una dote rara, quella di mettere tutti nella situazione di dare il meglio, senza cercare il protagonismo. Eppure loro sono protagonisti!